Novità: Il Gigante | Bassanonet.it

2021-11-22 15:22:40 By : Ms. Lilia Liang

Alessio Tasca all'inaugurazione dell'ultima mostra a lui dedicata a Nove (foto Alessandro Tich)

Per fare certe cose ci vuole il modo giusto e il tempo giusto per farle. Ed ora finalmente ho il tempo per dedicarmi ad esprimere il mio pensiero, con le parole giuste, su Alessio Tasca. So che il mio intervento non è tempestivo rispetto alla sua scomparsa, avvenuta pochi giorni fa. Ma io non scrivo coccodrilli. In queste tristi circostanze scrivo solo se la mia tastiera è ispirata dal cuore, e la partecipazione dell'anima e la sincerità non hanno scadenza. Alessio si è spento il 29 gennaio a Heilbronn, in Germania, all'età di 90 anni. Era di casa nella città tedesca, da cui proviene la sua compagna Lee Babel, anch'essa rinomata ceramista, che conobbe in quell'irripetibile evento - per la livello dei partecipanti - che fu il Simposio Internazionale di Ceramica Contemporanea, tenutosi a Bassano e a Nove nel 1978. Lascia i tre figli Marina, Vittore e Saverio: i primi due seguaci delle orme paterne nel campo della ceramica, il terzo musicista (percussionista) di fama internazionale, vincitore nel 2017 di quel “Premio Cultura Città di Bassano” che è stato assegnato nel 2002 al suo importante genitore. I funerali saranno annunciati in data da destinarsi: sarà un evento triste, ma comunque epocale. L'ultima volta che l'ho visto, insieme a tante altre persone, è stato in occasione dell'inaugurazione di "Con Alessio Tasca, la ceramica fa 90...", l'ultima mostra a lui dedicata al Museo della Ceramica di Nove in occasione del suo novantesimo compleanno. Era il 2 aprile dello scorso anno. Per l'occasione viene esposta una selezione della prima produzione dell'artista ceramista: quelle lastre graffite realizzate circa settant'anni fa per la "Tasca Artigiani Ceramisti", attiva dal 1948 al 1961. La testimonianza di un genio embrionale, legato ancora alla tradizione classica e alla decorazione figurativa, davanti al sacro fuoco della ricerca, della sperimentazione, della modernità del design, dell'invenzione di nuove forme, dell'attuazione di nuove tecniche e della lotta creativa con la materia prima esplosa in lui con cui si confrontava quotidianamente base: la terra. Molte persone avevano partecipato a quell'evento inaugurale non solo per il richiamo del nome dell'autore, ma anche per il fatto che negli ultimi anni era sempre più difficile incontrare Alessio Tasca in pubblico. Lui, il grande protagonista, con i capelli da tempo diventati bianchissimi, durante tutti i rituali discorsi delle autorità era rimasto seduto in silenzio su una panchina, accanto a Lee Babel, appoggiato al suo bastone. Invitato dunque a intervenire, aveva detto solo poche parole. Ma l'impressione generale è stata quella di trovarsi al cospetto di un patriarca, che non ha bisogno di lunghi discorsi per diffondere il suo carisma. Al punto che la visione della mostra è stata quasi messa in ombra. E di quel giorno la lunga fila di persone che, al termine della cerimonia di apertura, si avvicinavano a quella panchina solo per stringergli la mano, salutarlo, incontrarlo anche solo per pochi secondi e per provare a dire qualcosa del tipo: "fai ti ricordi di me?". Il minimo che possa capitare a una rockstar di Ceramic Land. Conoscevo Alessio Tasca da quando ero bambino, quando andavo con mio padre, fotografo, che nella bottega dell'artista in via Roberti a Nove scattava straordinarie foto delle sue opere - alcune delle quali conservo ancora gelosamente - da pubblicare in cataloghi. non solo della compagnia “Ceramiche Alessio Tasca” ma anche delle mostre d'arte a lui dedicate in Italia e in Europa. Con i miei occhi da bambino e poi da adolescente ho sempre visto il grande ceramista come un orso - un buon orso, certo -, perché lo percepivo come una persona restia ad esprimere i propri pensieri e sentimenti, quasi una sorta di chiuso burbero buono. nel fantastico mondo delle sue creazioni. Ecco perché mi ha reso un po' sbalorditivo. Ma mi sbagliavo. Avrei scoperto diversi anni dopo, leggendo una sua lettera a mio padre, che era un uomo di grande sensibilità. Capire finalmente che un così protagonista dell'arte ceramica del '900 non disdegnava di aprirsi agli altri, mostrando il suo lato profondamente umano, ma quando era il momento giusto per farlo. Tasca era semplicemente un homo faber che ai rumori della civiltà chiacchierone preferiva la concretezza della sua opera, facendo parlare per lui le sue ceramiche e facendo scrivere di lui tanti conoscitori e studiosi della materia. La sua è stata una carriera di assoluto livello. Ceramista, ma anche designer e scultore. Riguardo alle sole mostre, citerei anzitutto le sue due partecipazioni all'International Ceramics Exhibition al Victoria and Albert Museum di Londra. Quello stesso Victoria and Albert Museum che ha acquisito, ed espone tuttora, due sue opere: un Cornovaso del 1972 e un servizio da caffè prodotto interamente a disegno nel 1974. E poi, tra decine di altre mostre personali e collettive, tre partecipazioni al Salone di Milano Triennale e cinque alla Biennale di Venezia, dove nel 1964 vinse il 1° premio per la ceramica nella sezione Arti Decorative, ex aequo con l'altro “grande” della ceramica novese Pompeo Pianezzola. E ancora diverse mostre in Germania (Heidelberg, Coburg, Esslingen, Heilbronn, Mönchehaus Museum di Goslar) e tante altre in Italia - tra cui la Biennale di Gubbio e il Concorso Internazionale di Faenza - e nel resto d'Europa e anche in Australia, vincendo altre premi e riconoscimenti. Il suo non fu però un caso di nemo Propheta in patria perché proprio qui, dove nacque, Tasca seppe trasformare i suoi luoghi di lavoro in punti di riferimento, per l'innovazione creativa nella ceramica contemporanea, di respiro internazionale. Soprattutto la fabbrica di Rivarotta, a Marchesane, nel Comune di Bassano al confine con Nove, già sede di storiche fornaci per ceramiche, che lui stesso aveva ristrutturato nel corso di dieci anni con un titanico lavoro solista, trasformandolo in un atelier-laboratorio unico al mondo. Il lavoro delle opere in 90 anni di vita. La caratteristica principale delle creazioni in ceramica di Alessio Tasca è che sono inconfondibili. Il suo stile e il suo tratto, cioè, non hanno eguali. La sua formazione, poi perfezionata all'Istituto d'Arte di Venezia, si è formata presso l'Istituto d'Arte di Nove diretto dallo scultore ceramista Andrea Parini, di cui fu allievo. All'Istituto d'Arte di Nove Tasca insegnerà poi dal 1962 al 1978, succedendo a Giovanni Petucco, che fu un altro dei suoi insegnanti, sulla cattedra di plastica. Erano gli anni in cui si poteva ben dire che Nove, e con essa Bassano del Grappa, fosse una delle capitali internazionali della ceramica. Una fama di prestigio a cui l'illustre novese - decimo degli undici figli di Edoardo Tasca, poliedrico ceramista e musicista - ha dato il suo fondamentale contributo. Prima con la sua produzione degli anni Cinquanta, fatta di grandi pannelli per chiese e scuole in maiolica policroma, in stile moderno ma ancora in parte figurativo. E poi - dopo un profondo ripensamento in cui aveva prevalso la produzione in piccola serie - con la "grande rivoluzione" del 1967, quando Alessio Tasca reinventò l'uso della trafila, macchina utilizzata dall'industria del laterizio, da cui si adattò per lavorare in verticale con argilla. Nacque così nell'arte ceramica la tecnica dell'estrusione, che consentiva la produzione di blocchi di argilla a sezione rettangolare o cilindri, che portavano poi l'autore ad aprirli, tagliarli, rimodellarli, strapparli, scomporli, rimontarli. Pura innovazione, sia per la produzione in serie, sia per l'emergere di una nuova manualità: l'opera da realizzare non dipendeva più da uno stampo in gesso ma si basava sulla capacità di creare istantaneamente una forma guidando uno sversamento di terra incanalato dall'auto. È con questa tecnica che il geniale Alessio ha creato tutto: dagli oggetti più piccoli - come i pezzi del servizio da caffè del Victoria and Albert Museum - ai suoi pezzi unici più importanti e alle grandi sculture da esterno. Negli anni '70 un'altra trafila migliorata e più grande gli avrebbe permesso di rinnovarsi ulteriormente con l'estrusione di grande formato, sulla quale l'autore interveniva praticando tagli e fratture con filo d'acciaio. Nascono così le sue voluminose e impareggiabili “Sfere”, ottenute da un cilindro estruso su una matrice a griglia. E ancora, dopo una ventina d'anni, sono ricomparse le grandi sculture, gli enormi frammenti, i totem e le “rovine”, tutte ottenute da un impasto di argilla - gres - di ottima resa e alta resistenza. Ma non sono solo le creazioni di estrusore, che hanno caratterizzato gli ultimi quarant'anni di ricerca e sperimentazione di Tasca, a raccontarci la sua grandezza. Anche le sue opere dei primi anni Sessanta, non certo in rottura con la tradizione e più vicine al concetto di produzione ceramica “artigianale”, testimoniano l'evoluzione di un genius loci che non si fermerà mai fino alla fine. Con Alessio Tasca scompare un colosso della ceramica contemporanea, il cui nome è proiettato nell'Olimpo dei grandi maestri dell'arte ceramica di Nove e Bassano del Novecento come Pompeo Pianezzola, Federico Bonaldi, Giuseppe Lucietti, Cesare Sartori e pochissimi altri. Apprezzo molto l'iniziativa del sindaco di Nove Raffaella Campagnolo che, a nome del Comune, ha fatto affiggere nel suo paese un avviso di lutto con le espressioni di cordoglio alla famiglia e con la seguente scritta: "Alessio Tasca, illustre insegnante, figlio della terra novese da cui ha tratto lo spirito e la tecnica per condurre l'arte del ceramista a parti eccelse. Con affetto, gratitudine e stima, nella certezza che il vuoto lasciato dalla sua figura sia riempito dalla sua indimenticabile opera”. Bravo sindaco. Rendere omaggio a questo tuo illustre concittadino era un dovere se non obbligatorio, ma l'hai fatto bene. Mi rattrista invece la totale assenza dell'amministrazione comunale di Bassano del Grappa nel ricordo del defunto. Nessun avviso pubblicato in città, nemmeno un post sulla pagina Facebook del Comune, offuscata dall'anteprima del Giro d'Italia e dalla prima proiezione in città del film "Villetta con ospiti". Niente di niente. Eppure Tasca ha dato tanto anche a Bassano, al punto da essere insignito del “Premio Cultura” della nostra città, il più alto riconoscimento alle persone benemerite che hanno onorato la cultura bassanese in Italia e nel mondo. Anche in questo caso l'amministrazione Pavan ha colto al volo l'occasione per fare una brutta figura. Inutile annunciare “una politica culturale di ampio respiro, capace di riscoprire la nostra storica identità bassanese accanto ad essa con tutte le tendenze artistico-culturali contemporanee che si muovono nella società bassanese e non solo”, come indicato nelle linee programmatiche del sindaco Pavan, se poi dimentichi i fondamentali. Ma è così se si vuole: se la ceramica di Bassano è rotta, rispetto al suo glorioso e non così lontano passato, non possiamo pretendere che la sua tradizione venga recuperata e valorizzata da chi si dimostra insensibile alla questione. Ora Bassano del Grappa dovrebbe almeno dedicare una mostra a questo grande artista della terra che ha divulgato il suo nome nel contesto internazionale: ma so che sto combattendo contro i mulini a vento. Ciao Alessio. Solo ora posso finalmente osare chiamarti. Grazie di tutto.

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